Ascoltare ed ascoltarsi: lo sappiamo fare davvero?

Si parla molto di comunicazione. Ma sappiamo ascoltare?

 

Un buon ascolto è molto più che stare in silenzio mentre l’altra persona parla.

Negli ultimi mesi sto approfondendo questo tema, insieme all’analisi dei bisogni, che, in ambito consulenziale, corrisponde proprio alla fase dell’ascolto.

Una fase, che in entrambe i casi, spesso viene data per scontata, ma sulle cui basi si fonda tutto il processo comunicativo.


Secondo diversi studi, le persone percepiscono che i “great listener” siano quelli che periodicamente pongono domande che promuovono la scoperta e l’intuizione.
Queste domande sfidano gentilmente la riflessione e l’introspezione mettendo in discussione anche radicati presupposti, ma in modo costruttivo.

Un buon ascolto quindi si basa sul dialogo ed è interattivo.
Nelle organizzazioni moderne, come nella vita quotidiana, l’ascolto è una competenza cruciale, anche se spesso sottovalutata, che va oltre la semplice abilità di captare parole.

Ascoltare e ascoltarsi sono due dinamiche complementari che contribuiscono alla creazione di ambienti lavorativi più efficaci, armoniosi e produttivi. In un contesto organizzativo in cui la complessità delle interazioni è in continuo aumento, saper padroneggiare entrambe le dimensioni dell’ascolto è essenziale.

L’ascolto attivo è la capacità di comprendere a fondo ciò che l’interlocutore sta comunicando, non solo a livello verbale ma anche emotivo. In un’organizzazione, ciò significa dedicare attenzione alle esigenze dei collaboratori, cogliere i segnali non detti, e creare uno spazio sicuro per esprimere opinioni e preoccupazioni. Quando i leader sanno ascoltare attivamente, riescono a creare un clima di fiducia, che stimola la collaborazione e l’innovazione.

I benefici dell’ascolto attivo sono innumerevoli. Innanzitutto, facilita la risoluzione dei conflitti, poiché molte tensioni nascono da incomprensioni o dall’assenza di ascolto. Inoltre, migliora la motivazione dei dipendenti: sentirsi ascoltati e valorizzati rafforza il senso di appartenenza e di coinvolgimento nei progetti aziendali. Infine, un ascolto efficace permette di prendere decisioni più informate, basate su una visione completa delle dinamiche interne ed esterne all’organizzazione.

Se l’ascolto degli altri è fondamentale, non meno importante è l’ascolto di sé. Ogni individuo, indipendentemente dal ruolo che ricopre, ha bisogno di essere consapevole delle proprie emozioni, dei propri bisogni e dei propri limiti. Questo tipo di auto-ascolto è essenziale per mantenere un equilibrio tra vita personale e professionale, prevenire il burnout e prendere decisioni allineate con i propri valori e obiettivi.

Nelle organizzazioni, l’ascolto di sé è spesso trascurato, poiché si tende a dare priorità alla produttività e ai risultati. Tuttavia, ignorare i segnali interni porta inevitabilmente a una riduzione della performance a lungo termine. Le persone che non si ascoltano rischiano di accumulare stress, frustrazioni e insoddisfazioni che, nel tempo, minano il loro benessere e la loro capacità di contribuire in modo efficace.

Creare uno spazio in cui le persone siano incoraggiate a prendersi del tempo per ascoltare sé stesse è un atto di leadership. Che si tratti di incoraggiare pause regolari, di promuovere programmi di benessere o di offrire percorsi di crescita personale, ogni organizzazione dovrebbe riconoscere l’importanza di favorire questa pratica.

Solo così si può sviluppare una maggiore resilienza e una più profonda capacità di auto-regolazione, che si rifletterà positivamente sia nelle relazioni, che nell’efficienza delle attività lavorative più in generale.

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