Psicoterapia, counseling, coaching: le differenze

Credo, soprattutto in Italia, ci sia ancora molta diffidenza rispetto alla possibilità di rivolgersi ad un professionista in un momento difficile della vita.
Per quanto se ne parli in modo più frequente di un tempo, credo che non sia ancora abbastanza e che ci sia ancora poca chiarezza tra le differenze tra i vari tipi di percorsi che possono essere affrontati con il sostegno di un professionista di quella che viene definita una relazione d’aiuto.

Una distinzione importante e che può essere utile chiarire a chi sente la necessità di un percorso personale o di affrontare alcune criticità che sta vivendo nella propria esistenza.

Per farlo prendo in prestito  le parole di Mariano Pizzimenti, fondatore della Scuola Gestalt di Torino in cui mi sono formata, che all’interno di un articolo apparso sulla rivista Figure Emergenti, n.2, cui parla anche di questo:

…come differenziamo nella nostra scuola il lavoro di psicoterapia da quello di counseling, di coaching e di formazione e che ricaduta ha questa differenziazione sulla visione ed esperienza del gruppo. I lavori di terapia, counseling o coaching, sono diversi sotto molti aspetti.
Nella terapia c’è una presa in carico della sofferenza della persona che parte dal riconoscimento di mancanze, di “buchi” nello sviluppo della relazione con il suo ambiente. 
L’individuo non in grado di reggere l’ansia degli adattamenti che il vivere nel mondo gli richiede. Gli mancano strumenti importanti: chiavi di comprensione della realtà attuale, strutture psico-somatiche di adattamento all’ambiente e modelli relazionali che non si sono sviluppati perché egli non ha potuto assimilare importanti esperienze del passato, in quanto troppo precoci e/o troppo dolorose e/o troppo paurose.
Durante le sedute di psicoterapia il terapeuta co-costruisce col paziente esperienze attuali e significative che aiutano l’assimilazione delle esperienze “troppo” del passato, contribuendo al riempimento dei “buchi” e allo sviluppo di strumenti nuovi e adatti alla realtà presente del paziente.

Nel counseling la persona porta una sofferenza diversa, legata alla difficoltà di utilizzare gli strumenti di cui dispone. Il counselor non lavora sulle “mancanze”, ma sui “fraintendimenti” che ostacolano il cliente nella relazione col suo ambiente. L’assimilazione delle esperienze passate, anche di quelle difficili, è avvenuta, ma si sono sviluppati confusioni ed equivoci.
Il lavoro si rifà principalmente al versante “educativo” della Gestalt particolarmente curato da Paul Goodman. Questo non vuol dire che alla persona viene “insegnato” ad usare meglio gli strumenti di cui dispone, ma che il counselor co-costruisce col cliente esperienze che lo sostengono nella capacità di auto-apprendimento.

Nel coaching il professionista “affianca” l’individuo nel lavoro di esplorazione delle difficoltà che incontra nel raggiungimento di un obiettivo condiviso, nell’ identificazione delle risorse ambientali disponibili per sostenere l’obiettivo, nonché nella messa a fuoco degli adattamenti necessari per sviluppare nuove strategie efficaci per il raggiungimento dello stesso.
Uno degli obiettivi della Gestalt è che le persone imparino ad auto-regolarsi, ad assumersi la responsabilità della propria sofferenza, delle proprie scoperte, delle proprie emozioni, delle proprie difficoltà.”

Personalmente non mi occupo di terapia, ma come counselor e coach sostengo le persone e le organizzazioni ad aumentare il proprio livello di consapevolezza e di benessere. A trovare i propri strumenti e le proprie risorse per superare momenti e difficoltà da cui, in un primo momento, sembrava non ci si potesse muovere.
Ogni terapeuta, counselor e coach, ha ovviamente un proprio stile e una propria personalità. Diventa quindi importante trovare la persona che possa entrare in sintonia con noi e le nostre esigenze.  Da cliente, prima che da professionista, lo consiglio a tutti/e!