05 Apr Perché ho scelto di essere una gestaltista e come influenza il mio lavoro
Inserito alle 13:24h
in La mia storia
Molti clienti quando si rivolgono a un/una professionista della relazione d’aiuto o a un/una consulente non fanno caso al suo orientamento di riferimento.
Personalmente credo che anche il metodo che si utilizza faccia la differenza e ci aiuti a comprendere con che tipo di professionista ( e a volte di persona) stiamo avendo a che fare.
Spesso non è messo in evidenza, ma ci sono molti modi di svolgere una professione come questa.
Per me l’approccio della Gestalt è un punto di riferimento. Una visione del mondo e una lente di ingrandimento che mi guida in ogni contesto: negli incontri di counseling e di coaching individuale, che in quelli di consulenza con le organizzazioni.
In questi giorni sto consultando il testo “LA GESTALT- Terapia del con-tatto emotivo” di Serge e Anne Ginger per approfondire alcuni aspetti e per avere spunti di riflessione.
Ho ritrovato così alcune definizioni che mi ricordano il perchè ho scelto e scelgo ogni giorno di utilizzare nel mio lavoro l’approccio della Gestalt.
Ve le propongo perchè credo che in queste definizioni ci sia tutta la potenza e la potenzialità di questo tipo di approccio:
La Gestalt è un’arte piuttosto che una scienza
La Gestalt si rivolge a qualsiasi persona ( o organizzazione) che ricerchi una migliore espansione del proprio potenziale latente, non un semplice star meglio, ma un “essere di più”, una migliore qualità della vita
La Gestalt ricerca nuovi valori umanistici di creatività, restituendo a ciascuno la sua quota di responsabilità, cercando di rivalorizzare l’essere rispetto all’avere ed emancipare il sapere rispetto al potere
La Gestalt sviluppa una prospettiva unificatrice dell’essere umano, integrandone di volta in volta le dimensioni sensoriali, affettive, intellettuali, sociali e spirituali, consentendo in tal modo un’esperienza globale in cui il corpo possa parlare e la parola incarnarsi
Per l’approccio gestaltico non si tratta di capire, analizzare o interpretare degli avvenimenti, dei comportamenti o dei sentimenti, ma piuttosto di favorire la presa di coscienza globale della maniera in cui funzioniamo e dei nostri processi
– di adattamento creativo all’ambiente
-di integrazione dell’esperienza presente, dei nostri evitamenti e dei nostri meccanismi di difesa o resistenze
In Gestalt il professionista è parte del lavoro e ne rappresenta una sorta di antenna che capta cosa sta accadendo.
Personalmente parto dal presupposto che nulla è scontato. Non c’è un’interpretazione univoca. Mi (af)fido innanzitutto al mio sentire quando entro in contatto con una nuova esperienza, che può essere l’incontro con un cliente nel mio studio e con un’organizzazione.
Ogni incontro è una nuova esperienza, unica e irripetibile. Non ci sono schemi precostituiti o tecniche particolari. La capacità principale di un gestaltista, per me, è quella di essere in contatto con se stesso e con l’ambiente in cui è immerso, nel qui e ora.
Capacità che si apprende con l’esperienza e la sperimentazione attiva. Ogni evento può essere fonte di insegnamento e riflessioni, se siamo in grado di osservarlo.
Le nostre sensazioni ci danno moltissime informazioni su quello che sta accadendo. Saperle decodificare e poterle condividere, ci può dare informazioni per co-costruire con il nostro cliente un percorso che gli possa far sperimentare una nuova esperienza, dandogli un nuovo punto di vista.
Una conoscenza in più di sè, o della sua organizzazione, che prima non aveva. La nuova conoscenza sarà quello che gli permetterà di agire. Di trovare passo dopo passo una nuova strada, più funzionale, alle proprie esigenze.